
Riflettere sui meccanismi di comunicazione che noi tutti mettiamo in atto inconsapevolmente significa acquisire consapevolezza degli strumenti che si usano e soprattutto dell’effetto che provocano.
Perché la consapevolezza nella comunicazione porta responsabilità e la responsabilità porta la scelta… consapevole, appunto.
In fisica, lontani ricordi di gioventù, Newton affermava che…ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.
Nei rapporti interpersonali esiste qualcosa di simile, anche se non è così misurabile e automatico come in fisica, perché l’uomo è complesso.
Possiamo dire che ad ogni azione corrisponde una reazione… ancora meglio ad ogni azione comunicativa corrisponde una reazione a quella comunicazione.
La qualità ed intensità di ogni azione comunicativa dipendono da cosa si è detto, come lo si è detto, il rapporto interpersonale, gli stati emozionali, l’ambiente etc. etc.
Essere coscienti di questo, soprattutto per un allenatore, che ha comunque anche una funzione educativa, significa essere ad un buon livello di consapevolezza comunicativa.
Ciò vuol dire mettersi in gioco, cercare il contatto emotivo con l’atleta, oggi la chiamiamo empatia, essere pronto a variare il proprio stile comunicativo quando e se serve.
E per variare il proprio stile comunicativo è bene conoscere alcune basi della comunicazione:
Dove per mappa s’intende la rappresentazione che ciascuno di noi si fa del mondo esterno percepito attraverso i nostri sensi, e per TERRITORIO si intende la realtà esterna, il mondo fisico che esiste indipendentemente dalla nostra esperienza di esso.
Le mappe che costituiscono la nostra rappresentazione parziale del mondo le formiamo filtrando le informazioni che ci arrivano dall’esterno, prima di tutto attraverso i nostri sensi. Successivamente, nella costruzione della mappa, entrano altri filtri che sono le esperienze pregresse, l’educazione, la cultura, le convinzioni e i propri valori.
Paola Egonu, in una intervista dopo i mondiali, ha raccontato che pur essendo nata e cresciuta in Italia, per lei è stato difficile integrarsi perché ha detto:
“La gente mi giudica con gli occhi. Ad esempio quando andavo al supermercato mi seguivano per verificare che non rubassi”.
Realtà= una ragazza di colore nel supermercato;
Mappa = è probabile che voglia rubare perché è di colore!
Ovvero ciascuno di noi pensa con la propria testa ed è convinto che la propria interpretazione della realtà sia la realtà. Ovvio no?
Ma quando voi parlate con un’altra persona siete consapevoli di questo? Siete consapevoli che state mettendo a confronto la vostra mappa con la sua essendo però convinti che la vostra sia quella vera?
Questa è una riflessione che è bene tenere presente quando ci confrontiamo con altre persone che chiaramente hanno una visione del mondo diversa dalla nostra. Questa è consapevolezza nella comunicazione.
Per esempio: torniamo a noi allenatori.
Finisce la partita e un genitore si avvicina a noi con una espressione belligerante e ci troviamo a discutere.
Due mappe a confronto: la mia, allenatore, che considera la squadra e il ragazzo come membro della squadra, la sua, genitore, concentrata solo sull’universo “mio figlio”.
Potrebbe essere guerra, potrebbe essere discussione animata, potrebbe essere un utile scambio di idee.
Tutto dipende da quanto le nostre mappe sono elastiche e quindi dalla nostra volontà di allargarle.
Perché se questo accade ci sarà sicuramente almeno una piccola parte della due mappe che coincide ed è da lì che si costruisce il dialogo.
Qua non si tratta di ragione o torto, o di giusto o sbagliato.
Ciascuno ha le proprie convinzioni, ci mancherebbe! Qui si tratta di comunicazione!
Se cambiamo punto di vista, non convinzione, e cerchiamo di guardare la cosa dal punto di vista dell’altro e viceversa, FORSE, e sottolineo FORSE, possiamo riuscire a trovare una piccolissima porzione di mappa su cui cercare di costruire un dialogo. Questo significa consapevolezza nella comunicazione.
In fondo, nel mezzo c’è l’interesse del ragazzo che noi guardiamo dal punto di vista della squadra, ed il genitore da quello del figlio in quanto singolo.
E come costruiamo le nostre mappe?
Lo apprenderete durante il percorso di riflessione e allenamento mentale per gli allenatori che abbiamo chiamato: “ALLENARE GLI ALLENATORI AD ALLENARE”.
Se vuoi saperne di più clicca qui.
articolo di Bruno Sbicego e Antonella Brugnoli
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